Maturità classica 2017


Maturità classica 2017
Il monito di Seneca: Philosophandum est

  In questo piccolo passo è riassunto tutto il senso degli studi letterari e filosofici; qui si discute, infatti, della filosofia e della sua necessarietà. Non si poteva dare un addio e un augurio migliore a tanti giovani che, alla fine del Liceo Classico, giungono alla soglia delle loro più importanti decisioni. 
   Seneca ci esorta a prendere con filosofia ogni nostra decisione, a ragionare, dunque, con essa ogni nostra decisione sia che una divinità decida la rotta delle vite umane, sia che sia la sorte o l' eventualità (in bene o in male) ad avere le redini dei nostri destini. 
   Quel philosophandum est rimarrà, spero, a lungo nelle menti dei giovani che stamattina hanno affrontato l’esame scritto di latino e che, presto, si confronteranno con le cose certe e incerte della vita.


Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum; non in verbis sed in rebus est. Nec in hoc adhibetur, ut cum aliquā oblectatione consumatur dies, ut dematur otio nausia: animum format et fabricat, vitam disponit, actiones regit, agenda et omittenda demonstrat, sedet ad gubernaculum et per ancipitia fluctuantium derigit cursum. Sine hāc nemo intrepide potest vivere, nemo secure; innumerabilia accidunt singulis horis quae consilium exigant, quod ab hāc petendum est. Dicet aliquis, “Quid mihi prodest philosophia, si fatum est? Quid prodest, si deus rector est? Quid prodest, si casus imperat? Nam et mutari certa non possunt et nihil praeparari potest adversus incerta, sed aut consilium meum occupavit deus decrevitque quid facerem, aut consilio meo nihil fortuna permittit.” Quidquid est ex his, Lucili, vel si omnia haec sunt, philosophandum est; sive nos inexorabili lege fata constringunt, sive arbiter deus universi cuncta disposuit, sive casus res humanas sine ordine impellit et iactat, philosophia nos tueri debet. Haec adhortabitur ut deo libenter pareamus, ut fortunae contumaciter; haec docebit ut deum sequaris, feras casum.

Seneca, Epistolae ad Lucilium XVI 3-5


La filosofia non è un sapere popolare, ne è fatta per essere esibita; non sta nelle parole ma nei fatti. E non si pratica per questo motivo, affinché la giornata trascorra con una qualche piacevolezza, oppure affinché il senso di nausea venga rimosso dai momenti di ozio. Crea e forma lo spirito, regola la vita, controlla le azioni, mostra ciò che va fatto e ciò che va evitato, siede al timone e mantiene la rotta attraverso le onde che fluttuano da una parte e dall’altra. Senza di essa, nessuno può vivere in maniera incurante, nessuno può in maniera tranquilla. Ogni ora accorrono innumerabili cose che hanno bisogno di una decisione, che dev’essere richiesta a lei. Qualcuno dirà: «A che mi serve la filosofia, visto che esiste l’inevitabile destino (fatum),ciò che tu non puoi controllare? A che mi serve, se tanto c’è una divinità al timone? A che serve, se (invece) regna l’eventualità (casus)? Giacché le cose che sono state già decise non si possono cambiare, e nulla può essere preparato contro le cose che non sono state ancora decise, ma o un dio ha preso possesso del mio senno e ha deciso cosa io debba fare, o la sorte (fortuna) non lascia alcun spazio per una mia decisione». Qualunque sia di queste possibilità, o Lucilio, o se anche esistano tutte insieme, bisogna filosofeggiare: sia che l’inevitabile destino ci incateni con la (sua) legge inesorabile, sia che una divinità arbitra di tutto l’universo abbia predisposto tutto quanto, sia che l’eventualità della sorte metta in movimento e agiti le faccende umane senza un ordine, la filosofia deve salvaguardarci. Questa ci esorterà ad obbedire con libertà alla divinità, e controvoglia alla sorte; ti insegnerà a seguire la divinità e a sopportare l’eventualità.

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